Stop border violence: ICE-ART.4: Stop tortura e trattamenti disumani alle frontiere d’Europa

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Renken aderisce all’iniziativa di Stop Border Violence, fallo anche tu cliccando su questo link:

https://www.stopborderviolence.org/#manifesto

 

I valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà, difesi attraverso i progetti di Renken, vengono anche citati nel preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Da anni, però, assistiamo alla continua e sistematica violazione di questi principi  mediante la militarizzazione e l’esternalizzazione delle frontiere, deportazioni brutali, la violenza all’interno degli Stati membri e nei paesi terzi con cui l’Europa ha concluso accordi per impedire ai richiedenti asilo di entrare nel territorio europeo. 

In seguito alle trasformazioni socio-economiche che hanno travolto lo spazio comunitario, la mobilità è diventata un importante vincolo, determinante per l’organizzazione e la struttura sociale. In base alla presenza o assenza di legami territoriali, le persone possono essere più o meno libere di muoversi e la loro posizione nella gerarchia sociale dipende in modo sempre più condizionante dalla minore o maggiore libertà di movimento che possiedono. Mobilità significa dunque libertà di movimento e libertà dai vincoli territoriali, condizione che si riflette anche sulle possibilità economiche. 

Il processo di globalizzazione, non operando in maniera egualitaria, crea delle disparità notevoli, oltre che per la concentrazione di risorse, anche sulle possibilità di movimento. Questa dinamica finisce per attribuire ad alcuni la libertà di creare significati dove e quando lo si desidera, mentre per altri sancisce la condanna ad essere relegati nella insignificanza e nella sopraffazione.

Come emerge dalle riflessioni sulla libertà di movimento elaborate dal sociologo Bauman, la possibilità di muoversi e agire liberamente si trasforma in capacità di produrre significati. Negare a chiunque tale diritto corrisponde dunque alla concreta violazione del principio di autodeterminazione.

L’inosservanza di tale garanzia si manifesta quotidianamente lungo i confini, geografici e non, che audacemente i migranti tentano di oltrepassare. Il confine diviene così una linea lungo la quale politiche securitarie e governi conservatori creano deliberatamente divisioni, separazioni e discontinuità tra chi può o meno disporre del diritto fondamentale alla mobilità, servendosi del potere istituzionale e in divisa, con utilizzo della sola violenza come strumento di respingimento. Tracciare e proteggere i confi­ni sono così diventate attività prioritarie per i governi, i quali in funzione della sicurezza sociale consapevolmente decidono chi ha la possibilità di godere dei propri diritti inviolabili e chi no, discriminando esclusivamente sulla base dell’appartenenza ad un territorio, e su ciò che tale appartenenza comporta a livello economico, sociale e culturale. 

Basti pensare che lo scorso 21 ottobre è stato disposto dal Governo un provvedimento di sospensione del Trattato di Schengen, che ha riattivato i controlli alla frontiera con la Slovenia: la stessa frontiera che poco tempo fa è stata protagonista di un documentario di denuncia “Trieste è bella di notte”, dove si racconta un confine interno all’Unione Europea attraversato dai migranti che affrontano il viaggio lungo la rotta balcanica, che rischiano costantemente di essere fermati e abusati dalle forze dell’ordine e respinti senza neanche venire identificati e senza avere la possibilità di fare richiesta di asilo.

Questa dinamica viene riprodotta in maniera sistematica lungo i diversi confini di attraversamento, e in modo particolare in Europa è divenuta una politica di “gestione” dei flussi migratori.

L’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea recita: “Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti”, riferendosi proprio agli stessi trattamenti inumani e degradanti che vengono riservati alle persone migranti, uomini donne e bambini, che tentano l’approdo sicuro in uno stato dell’Unione.

Noi tutti, in quanto cittadini europei, abbiamo a disposizione uno strumento di esercizio democratico, l’ICE (iniziativa dei Cittadini Europei) per far valere i nostri diritti, ma soprattutto quelli di chi non ha voce e potere. L’ICE dal titolo: “Articolo 4: Stop tortura e trattamenti disumani alle frontiere d’Europa” è stata registrata dalla Commissione europea il 12/01/2023. Tale raccolta si propone di raccogliere almeno un milione di firme sulla piattaforma europea predisposta a tale scopo, nei paesi UE, dal 10 luglio 2023 al 9 luglio 2024. Tale strumento di democrazia diretta si presenta come un momento di aggregazione sociale che dia forza alla società civile per: fermare i respingimenti violenti alle frontiere, dire no agli accordi con paesi terzi colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani, applicare il principio di solidarietà tra stati e garantire un’accoglienza che non violi i diritti delle persone migranti e dei richiedenti asilo. Quest’iniziativa, insieme alle realtà che volontariamente offrono supporto sostituendosi ai vuoti istituzionali in frontiera, è solo il primo passo per costruire insieme un movimento sociale transazionale, che dal basso verso l’alto tenti di indurre l’Europa e l’attenzione internazionale a rispettare i diritti dei migranti, per far si che i confini tornino ad essere una linea di contatto, tenendo sempre  presente che tale linea non solo separa, ma che soprattutto unisce.

 

 

Per maggiori informazioni, potete consultare il sito di Stop Border Violence qui: https://www.stopborderviolence.org/