Agu ha 9 anni e vive con i suoi genitori in un villaggio in Africa, un luogo sicuro dove si festeggia, si ride e si gioca. Agu sa leggere, e fin da piccolo sua madre gli ha insegnato a viaggiare tra una storia e l’altra, sulle pagine della Bibbia.
Purtroppo però questo non lo aiuta quando arriva la guerra: il villaggio è fatto a pezzi, suo padre ferocemente assassinato e lui viene trovato da un gruppo di ribelli. La sua unica possibilità è quella di arruolarsi con loro, costretto a diventare l’amante del Comandante uomo-belva.
Inseguendo una distorta convinzione di vendetta, Agu impara a compiere le peggiori atrocità, razzie di villaggi come il suo, esecuzioni sommarie di gente come la sua. Violenza dopo violenza, Agu e la banda si trasformano in bestie spietate pur di non essere uccisi, per sopravvivere, senza una patria.
Uzodinma Iweala, nato nel 1982, studente modello ad Harvard, ha lavorato a lungo nelle strutture per la riabilitazione dei bambini-soldato. Con Bestie senza una patria, il suo primo libro, mi ha sconvolta fin dalle pagine iniziali. Iweala ci trascina in un Paese africano senza nome, in cui la guerra civile ha distrutto ogni forma di normalità e di umanità, costringendo Agu a diventare il giovane protagonista del dramma delle centinaia di migliaia di bambini nel mondo ai quali viene strappata l’infanzia e consegnata una vita terribile da schiavi militari o sessuali.
Il libro viene pubblicato in Italia per la prima volta nel 2006 da Feltrinelli. Il romanzo ha subito ricevuto un’accoglienza molto positiva da parte della critica e del pubblico. Diventa un bestseller internazionale e vince numerosi premi, tra cui il Commonwealth Writers’ Prize. Nel 2011 è stato anche trasposto in un film omonimo, diretto da Cary Fukunaga e con Idris Elba e Abraham Attah come protagonisti.
Nonostante la trama possa sembrare distante dalla nostra realtà, Iweala riesce a rendere tangibile la disperazione e la sofferenza dei personaggi. La sua scrittura è elementare e a tratti volutamente sgrammaticata, come può essere quella di un bambino dovuto crescere troppo in fretta. Ci fa sentire in prima persona il peso della guerra sulla loro vita. Un linguaggio potente, capace di alternare momenti di crudele violenza a momenti di poesia e di speranza.
Bestie senza una patria non è solo un romanzo sulla guerra, è anche una storia sulla discriminazione e sulla lotta per la libertà. Attraverso gli occhi del giovane Agu, vediamo come la paura e l’odio possono distruggere ogni cosa. Ma anche come l’amicizia, l’amore e la fantasia possono essere le uniche cose in grado di tenere in piedi l’umanità in momenti di oscurità.
In conclusione, Bestie senza una patria è un libro che ha lasciato dentro di me un segno indelebile. Uzodinma Iweala dimostra di essere un autore di grande talento, capace di scrivere un romanzo che non solo racconta una storia avvincente, ma che fa anche riflettere su tematiche importanti come l’odio e la discriminazione. Un libro che consiglio a chi è alla ricerca di una lettura intensa e commovente, a chi vuole gridare ad alta voce che i bambini soldato sono una ferita ancora oggi aperta, che sanguina.
«E io ricorda a me stesso che prima di diventare soldato io fa tutte quelle cose, e questo mi fa sentire meglio. Se io fa tutte quelle cose buone e adesso fa solo cose che soldato deve fare, allora come può essere bambino cattivo?»