Le notizie della settimana sul tema migranti sono terribili e tutte estremamente conseguenti a politiche di controllo dei confini e repressione degli ingressi.
Il gruppo di aiuto ai migranti Walking Borders ha comunicato domenica che un peschereccio e altre due imbarcazioni – una che trasportava circa 65 persone e l’altra con 50-60 persone a bordo – erano scomparse da circa due settimane, da quando avevano lasciato il Senegal per cercare di raggiungere la Spagna.
Parliamo di più di 200 migranti dispersi al largo delle isole Canarie. Nonostante non se ne parli con frequenza di questa tratta, anche le isole atlantiche spagnole sono un punto di sbarco importante per i migranti.
Di fatto non pochi prendono il mare dai Paesi subsahariani, in particolare da Senegal e Mauritania, senza arrivare in Marocco, con risultati spesso nefasti. Le segnalazioni di naufragio inoltre sono molto meno frequenti da queste parti, dove per altro operano molte meno Ong, rispetto a quanto avviene nel Mediterraneo. Le autorità spagnole invece sono molto attive in questo tratto di mare nei pattugliamenti contro gli ingressi illegali. L’organizzazione non governativa ha contattato le autorità di Senegal, Mauritania, Marocco e Spagna, esortandole a cercare le imbarcazioni disperse, considerando che il Governo Spagnolo sta di fatto impegnando troppe poche risorse per il soccorso, comportamento perfettamente in linea alle politiche europee di “soccorso in mare”.
La Tunisia sta affrontando una crisi migratoria senza precedenti e ha sostituito la Libia come principale punto di partenza per le persone in fuga dalla povertà e dai conflitti in Africa e Medio Oriente.
Crisi migratoria che si è trasformata in crisi umanitaria con la sequela di espulsioni dei migranti subsahariani che le autorità tunisine continuano ad abbandonare nelle zone desertiche ai confini con la Libia e l’Algeria. Migliaia le persone che secondo le organizzazioni umanitarie vengono deportate e lasciate senza acqua e cibo, comprese donne e bambini. Il presidente tunisino Kais Saied ha respinto duramente le accuse di trattamenti disumani nei confronti dei migranti, parlando di illazioni “degli ambienti coloniali”. In risposta a ciò da giorni girano foto e video che testimonierebbero le dure condizioni dei migranti espulsi dalla Tunisia. Sono migliaia infatti gli africani di varie nazionalità sloggiati dalle loro abitazioni, tra i quali molti denunciano di essere stati privati di documenti e denaro, costringendoli a rimanere in questo “inferno” di sospensione dei diritti. Il governo tunisino invoca una collaborazione a livello internazionale chiedendo ai i paesi d’origine, di transito e di destinazione in Europa di collaborare e finanziare le politiche repressive. In questo clima surreale di violazione dei diritti l’unica azione intrapresa dall’unione europea punta a “raggiungere un accordo” per rafforzare le relazioni con la Tunisia “il prima possibile”, così come ha ribadito una portavoce della Commissione europea interpellata sul negoziato in corso con Tunisi per la firma del memorandum d’intesa che comprende la gestione della migrazione.
Sarebbe più opportuno schierarsi sul campo per la difesa dei diritti dei migranti partendo dalla riaffermazione del diritto alla mobilità.